giovedì 9 aprile 2009

stella

 

 
"'Stella', di Sylvie Verheyde è una sorta di '400 colpi', il capolavoro di François Truffaut, al femminile. C'è la stagione inquieta che segna il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, c'è la Francia anni Settanta delle periferie di Parigi e di un Nord industriale dove si lavora ma non ci si diverte, c'è il contrasto fra chi è una figlia del popolo, a proprio agio fra ubriaconi e disoccupati, e la disciplina, i professori, i compagni di classe di una scuola media pubblica della buona borghesia dove i genitori iscrivono la ragazzina con l'incoscienza di chi non misura né le distanze e le differenze sociali, né i retroterra culturali. Profondamente autobiografico, 'Stella' ricalca le esperienze della regista, anche lei figlia di proprietari di una pensioncina con annesso bar, cresciuta in un ambiente dove l'esistenza di un libro è sconosciuta, ma fin da subito si apprende la durezza del vivere, e il suo lento risvegliarsi di fronte a un mondo intellettuale e sociale, le letture, i quadri, le amicizie, le prime feste, i primi turbamenti sentimentali, sconosciuto e fonte di gioia quanto di amarezze. (...) Il risultato è un film delicato, senza essere ruffiano, romantico senza sdolcinature, in cui il complesso mondo dell'adolescenza viene esplorato con mano sicura".
(Stelio Solinas, 'Il Giornale', 2 settembre 2008)
 

 
"Sylvie Verheyde, al terzo lungometraggio, attinge alla sua autobiografia per ricostruire l'educazione sentimentale di una bimba fragile che sta diventando donna, di una troppo povera per le compagne di classe, e troppo ricca e parigina per le terre d'origine. Un'opera di formazione che sa essere ruvidamente sensuale con sua madre, triste e malinconica con il suo sogno d'amore Alain-Bernard, violenta e infine romantica quando una scena da "tempo delle mele" viene sottolineata imprevedibilmente dalla canzone 'Ti amo' di Umberto Tozzi, parte di una colonna sonora varia e strana ma coinvolgente. Con il gusto della semplicità, una regia pulita e una fotografia sempre adeguata, il racconto si sviluppa con poesia e realismo. Il segreto sta tutto nella normalità di una storia e negli universi che racconta: famiglia, scuola, classi sociali hanno cambiato componenti e struttura, ma le dinamiche rimangono le stesse e così i trent'anni di distanza non si sentono se non nella ricostruzione di ambienti e costumi, perfetta nonostante il piccolo budget. Lasciatevi conquistare da 'Stella' e dalla sua capacità di inoltrarsi con pe(n)sante leggerezza su temi forti e difficili, anche se solo per qualche secondo: la prof traumatizzata dai campi di sterminio, l'Argentina dei generali e dei desaparecidos, abusi e traumi sull'infanzia."
(Boris Sollazzo, 'Liberazione', 5 dicembre 2008)
 

 
Stella è un film veramente ben fatto, che sebbene non si nasconda dietro una finta modestia autoriale ma si prenda la responsabilità di voler fare un racconto alto, comunque ragguinge i suoi obiettivi.
C’è un rispetto del mondo interiore infantile, un modo di riprendere i bambini con la loro dignità e la loro personalità che, come si dice spesso, non è frequente. E alla fine il ritratto non solo della protagonista, ma anche del mondo che la circonda (che non è solo quello di quella contingenza spazio-temporale ma in assoluto quello degli estranei che la ignorano) è veramente efficace.
Sylvie Verhyde infatti non si lascia andare a disperazioni facili o ad altrettanto facili soluzioni ma cerca la via più complessa del ritratto di una realtà inconoscibile anche se avversa.

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