martedì 7 aprile 2009

La lezione del passato non è bastata: costruzioni nuove prime a cedere



L’AQUILA (7 aprile) - «La cosa più incredibile è che sono andate giù le case costruite in cemento armato mentre alcune tra quelle antiche del centro città sono rimaste in piedi. In Italia non si finisce mai di stupirsi». E’ arrabbiato e anche deluso il commento del direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi, all’indomani della scossa di terremoto che ha devastato il capoluogo abruzzese. Parole che in queste ore riecheggiano nelle strade e nelle piazze dell’Aquila, riprese e urlate dai cittadini arrabbiati.

«La lezione non è stata imparata» dicono furiosi. Gli amministratori ma soprattutto gli imprenditori del mattone non hanno saputo fare tesoro delle devastanti e terribili esperienze del passato. Il terremoto dell’Irpinia qui ha lasciato il segno con ferite e dolore. Ma già nel lontano 1703 L'Aquila fu distrutta da una scossa annunciata per mesi da uno sciame sismico, proprio come stavolta, che la terra trema da dicembre. Alla scossa delle 3,32 hanno resistito le abitazioni nuove, non quelle recenti e neppure quelle costruite con i fondi assegnati dopo il sisma che squassò l’Irpinia.

Un campanello d’allarme che non è bastato a far costruire case davvero antisismiche: e se pure la scossa dell’altra notte è stata di una potenza straordinaria, se non imprevedibile, “antisismico” è stato troppe volte un concetto, una promessa buona per razzolare finanziamenti e agevolazioni. Interrogativi che rendono più forti oggi i sospetti di quegli aquilani che da ieri si ritrovano con case “antisismiche” sventrate.

La tesi accusatoria del “mattone senza garanzia” può suonare eccessiva ma trova più di un riscontro: il centro storico è devastato negli immobili storici - soprattutto le chiese - che costituiscono il patrimonio artistico dell’Aquila, eppure in certe situazioni le strutture portanti talvolta hanno retto. Questo stesso discorso non si può fare per le palazzine del quartiere Santa Barbara che vecchie non sono eppure ieri rivelavano lesioni talmente profonde da far temere una futura e inevitabile demolizione. Ha retto la zona di via Strinella, questa sì nuova e ben costruita, mentre palazzi vecchi e nuovi di via XX Settembre hanno pagato con il crollo l’avere fondamenta poggiate sulla faglia di questo sisma: col movimento ondulatorio il collasso è stato inevitabile.

Piangono gli aquilani per la facciata perduta dell’antica chiesa di San Vito, XIV secolo, di fronte alla fontana delle 99 cannelle, per le lesioni in pieno centro storico della chiesa della Madonna del Carmine, secolo XV; per il cedimento di San Domenico. Ma non doveva succedere la stessa cosa per la chiesa delle Anime Sante, restaurata di recente e crollata di schianto. Ed ecco così rispuntare polemiche giustificate su qualità dei materiali e dell’intervento. Dove però il teorema di Boschi si traduce in sospetto pesante è nel caso dell’ospedale: la struttura del vecchio San Salvatore ha resistito; quello nuovo di Coppito, costruito in cemento armato su appena due piani per scongiurare rischi sismici eppure ieri dichiarato inagibile e immediatamente evacuato. «Vorrei sapere che c’hanno fatto qui con il cemento» è sbottato un arrabbiatissimo paziente.

Paolo Vercesi, il Messaggero

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