La serie di Fibonacci.Questi era un matematico pisano del Duecento. E' una serie in cui la caratteristica più evidente è che ogni terzo numero è la somma dei due precedenti. Vedi? 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, e così via fino all'infinito...
Prova a sfogliare una margherita o contare le scaglie di un ananas o i semi di un girasole. Il numero dei petali di un fiore è quasi sempre un numero di Fibonacci. I numeri suggerirebbero che nell'universo c'è una specie di ordine matematico il che ci spinge a sospettare che forse, il mondo, qualche senso ce l'ha. Che non è poco...
Un film principalmente sull'amore, inteso in senso lato: non solo quello che coinvolge Martino, Amanda e Angelo, ma soprattutto quello che è il "bisogno di appartenere a qualcuno o a qualcosa", anche un'ideale o un luogo.
Le strade buie, isolate e periferiche di Torino si contrappongono a quel microcosmo fatto di magia e intimità rappresentato dalla Mole Antonelliana, in cui ha sede il Museo del Cinema e in cui Martino (un taciturno e delizioso Giorgio Pasotti) lavora come guardiano notturno. È qui che il suo destino si incrocia con quello di Amanda, in fuga dallo squallore quotidiano che la attanaglia. È qui che ogni notte Martino proietta immagini dei vecchi film che gli consentono di vivere in altri tempi, in altre dimensioni e dare vita ai suoi sogni.
Ecco, la vera anima del film è tutta lì, nella Mole Antonelliana con i suoi archivi segreti, gli anfratti, le scale, le pareti mobili, le vecchie foto e la possibilità di vivere 1000 vite diverse ogni volta che la luce si spegne e la gente va via.
Imperdibile per ogni cinefilo che si rispetti.
La curiosità: il film è distribuito da Medusa (gruppo Fininvest), ma in una delle scene finali è proprio il nostro Presidente del Consiglio ad essere messo alla berlina.
(Francesca Onorati, filmup.leonardo.it)
Il film gioca con lo stile del cinema delle origini: delle lanterne magiche recupera i bellissimi giochi di luce, utilizzando quelli presenti all’interno della Mole, ma creandone altri anche all’esterno, tra i palazzi e le piazze di Torino. Dal cinema muto utilizza in modo sobrio qualche gag slapstick, le didascalie che venivano messe tra un’immagine e l’altra, lo schermo nero che si chiude a cerchio intorno ai personaggi ad ogni cambio di scena.
Se la forma è una riuscitissima commistione tra un cinema d’altri tempi e tecnologie moderne, l’atmosfera che si respira nel film è decisamente nouvelle vague, tra Rohmer e Truffaut. Di Rohmer ci sono gli incontri casuali e sospesi tra le persone, di Truffaut la leggerezza con cui vengono trattati temi in bilico tra sentimento e dramma, come il ménage a tre tra i protagonisti che richiama Jules et Jim, la sincera passione del protagonista per la cultura, in questo caso il cinema. Da ricordare la bellissima sequenza della dichiarazione d’amore sotto forma di film muto.La voce narrante di Silvio Orlando dona calore alla storia, la avvolge di magia e le dà i toni di una favola, e anche questa si rivela una scelta azzeccata e fuori dagli schemi. Il risultato è un film delicato, poetico, divertente, dall’atmosfera sospesa e sognante, che ci si sente di consigliare caldamente a chi ama il cinema. Perché, come ci ricorda la voce di Orlando, le storie finiscono, ma il cinema continua. E continua a regalarci sogni bellissimi come questo. Con buona pace dei fratelli Lumière, che avevano definito il cinema “un’invenzione senza futuro”.
(Maurizio Ermisino, www.moviesushi.it)
Prova a sfogliare una margherita o contare le scaglie di un ananas o i semi di un girasole. Il numero dei petali di un fiore è quasi sempre un numero di Fibonacci. I numeri suggerirebbero che nell'universo c'è una specie di ordine matematico il che ci spinge a sospettare che forse, il mondo, qualche senso ce l'ha. Che non è poco...
Un film principalmente sull'amore, inteso in senso lato: non solo quello che coinvolge Martino, Amanda e Angelo, ma soprattutto quello che è il "bisogno di appartenere a qualcuno o a qualcosa", anche un'ideale o un luogo.
Le strade buie, isolate e periferiche di Torino si contrappongono a quel microcosmo fatto di magia e intimità rappresentato dalla Mole Antonelliana, in cui ha sede il Museo del Cinema e in cui Martino (un taciturno e delizioso Giorgio Pasotti) lavora come guardiano notturno. È qui che il suo destino si incrocia con quello di Amanda, in fuga dallo squallore quotidiano che la attanaglia. È qui che ogni notte Martino proietta immagini dei vecchi film che gli consentono di vivere in altri tempi, in altre dimensioni e dare vita ai suoi sogni.
Ecco, la vera anima del film è tutta lì, nella Mole Antonelliana con i suoi archivi segreti, gli anfratti, le scale, le pareti mobili, le vecchie foto e la possibilità di vivere 1000 vite diverse ogni volta che la luce si spegne e la gente va via.
Imperdibile per ogni cinefilo che si rispetti.
La curiosità: il film è distribuito da Medusa (gruppo Fininvest), ma in una delle scene finali è proprio il nostro Presidente del Consiglio ad essere messo alla berlina.
(Francesca Onorati, filmup.leonardo.it)
Il film gioca con lo stile del cinema delle origini: delle lanterne magiche recupera i bellissimi giochi di luce, utilizzando quelli presenti all’interno della Mole, ma creandone altri anche all’esterno, tra i palazzi e le piazze di Torino. Dal cinema muto utilizza in modo sobrio qualche gag slapstick, le didascalie che venivano messe tra un’immagine e l’altra, lo schermo nero che si chiude a cerchio intorno ai personaggi ad ogni cambio di scena.
Se la forma è una riuscitissima commistione tra un cinema d’altri tempi e tecnologie moderne, l’atmosfera che si respira nel film è decisamente nouvelle vague, tra Rohmer e Truffaut. Di Rohmer ci sono gli incontri casuali e sospesi tra le persone, di Truffaut la leggerezza con cui vengono trattati temi in bilico tra sentimento e dramma, come il ménage a tre tra i protagonisti che richiama Jules et Jim, la sincera passione del protagonista per la cultura, in questo caso il cinema. Da ricordare la bellissima sequenza della dichiarazione d’amore sotto forma di film muto.La voce narrante di Silvio Orlando dona calore alla storia, la avvolge di magia e le dà i toni di una favola, e anche questa si rivela una scelta azzeccata e fuori dagli schemi. Il risultato è un film delicato, poetico, divertente, dall’atmosfera sospesa e sognante, che ci si sente di consigliare caldamente a chi ama il cinema. Perché, come ci ricorda la voce di Orlando, le storie finiscono, ma il cinema continua. E continua a regalarci sogni bellissimi come questo. Con buona pace dei fratelli Lumière, che avevano definito il cinema “un’invenzione senza futuro”.
(Maurizio Ermisino, www.moviesushi.it)
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