giovedì 2 ottobre 2008

CReATiViTà e MaLATTiA MeNTALe

C'è stato sempre un interesse aneddotico per la coesistenza tra 'grandi spiriti e follia', e per gli aspetti di familiarità sia della genialità sia della malattia mentale, ma è solo in anni recenti che sono stati condotti studi sistematici su gruppi di artisti particolarmente dotati, specie scrittori. Essi sono significativi per il nostro argomento.

Riassumendo, tali studi mostrano che tali gruppi presentano un'incidenza molto alta di psicosi maniaco-depressiva, specie di disturbo bipolare. La schizofrenia è completamente assente. Nelle famiglie di questi individui particolarmente dotati i parenti presentano una frequenza alta di tratti di creatività, ed alta incidenza di disturbi dell'umore. Questi tassi di incidenza sono più elevati nei figli ma sono anche significativi nei genitori degli individui creativi.

Il più suggestivo di questi studi è quello di Andreasen (1987), che per 15 anni studiò i membri della facoltà universitaria iscritti al 'workshop' di scrittura creativa all'Università dello Iowa. Tutti erano scrittori distinti, alcuni erano nomi di pubblico dominio. Lo studio esaminò 30 scrittori creativi, 30 controlli, confrontati per intelligenza e classe sociale, nonché i parenti di primo grado di entrambi i gruppi.

Gli scrittori avevano una frequenza significativamente elevata di disturbi mentali, in prevalenza affettivi, con una tendenza ad avere attacchi di tipo bipolare. C'era inoltre una più alta prevalenza di disturbi affettivi e di creatività nei parenti di primo grado degli scrittori (rispetto ai controlli), suggerendo ciò che questi tratti si muovono insieme in queste famiglie e che essi possono essere correlati tra di loro geneticamente. Sia gli scrittori che i controlli avevano QI superiori alla media, anche se gli scrittori mostravano migliori 'performances' nei subtests del vocabolario (alla WAIS), confermando ciò precedenti osservazioni circa il fatto che l'intelligenza e la creatività sono abilità mentali tra loro indipendenti.

I dati statistici dettagliati sono risultati fortemente significativi. Se viene considerato ogni tipo di disturbo dell'umore, lo 80% egli scrittori aveva sofferto di un attacco in qualche periodo della loro vita, in confronto col 30% dei controlli. Il 13% aveva avuto degli attacchi di gravità moderata sia di mania che di depressione, il 30% ne aveva avuti di gravità elevata ('gravità moderata' significa che avevano richiesto un qualche tipo di trattamento farmacologico, 'gravità elevata' indica che avevano richiesto il ricovero in ospedale). I rispettivi valori per i controlli erano dello 0% e del 10%. Nessuno del gruppo aveva sofferto di schizofrenia. Degli scrittori il 37% aveva avuto depressione maggiore (17% nei controlli), il 30% alcoolismo (7% nei controlli), ed il 7% abuso di sostanze (uguale percentuale nei controlli).

Dei parenti Andreasen scrive:<>. La creatività risultò di gran lunga più estesa di quella specificamente letteraria, includendo elevate capacità nell'arte, musica, danza, e matematica, suggerendo ciò l'esistenza di un fattore legato alla familiarità piuttosto che all'influenza di fattori sociali.

La studiosa trovò che la maggior parte degli scrittori scrivevano quando il loro umore era normale, e non quando era esaltato o depresso.

Varie critiche sono state mosse a questo lavoro, specificamente è stato contestato il fatto che queste correlazioni, osservate nel campo della scrittura creativa, non necessariamente valgono per la creatività in generale, essendo la categoria degli scrittori alquanto indefinita e confusa. Andreasen rispose alle critiche dicendo che gli scrittori hanno uno stile cognitivo in grado verosimilmente di generare sempre nuovi eventi nella loro vita - essi sono curiosi, capaci di assumersi dei rischi, avventurosi, e rifiutano di vedere il mondo in modo convenzionale. Tale stile può manifestarsi già nelle loro famiglie e renderli creativi.

Altri studi comprendono quello di Kay Jamison su 47 importanti scrittori ed artisti britannici. Di questi lo 87% erano maschi, la loro età media era di 53 anni. Il 38% era stato trattato per disturbi affettivi. Gli scrittori avevano la più alta frequenza di problemi psichiatrici, con i poeti in testa alla classifica. La metà dei poeti avevano avuto trattamenti per depressione, come i due terzi dei drammaturghi. Il 20% dei biografi ed il 13% dei pittori erano stati trattati per depressione, per lo più con psicoterapia, suggerendo ciò sintomi più lievi.

Dell'intero gruppo, un terzo dei 47 soggetti aveva gravi oscillazioni dell'umore. Il 17% dei poeti era stato trattato per mania. I biografi riportarono nessuna oscillazione patologica dell'umore.

Tali studi mancano di gruppi di controllo, per ovvie ragioni- gli artisti di genio sono rari. Si sono fatti tentativi per ovviare a tale problema studiando le biografie, e confrontando gli individui creativi nelle arti con quelli che avevano avuto successo negli affari, nelle scienze ed in altri campi della vita pubblica.

Arnold M. Ludwig ha pubblicato un esteso repertorio biografico di 1005 famosi artisti, scrittori ed altri professionisti del '900. Egli trovò che gli artisti e gli scrittori avevano una frequenza di psicosi, tentativi di suicidio, disturbi dell'umore ed abuso di alcool e droghe due o tre volte maggiore di quella dei personaggi di successo negli affari, nelle scienze e nella vita pubblica. Trovò che i poeti del campione avevano avuto più spesso episodi maniacali ed erano stati ospedalizzati, ed avevano i più alti tassi di suicidio.

tutto ciò si adatta bene al caso di Virginia Woolf - e dei suoi parenti. Ella discendeva da una lunga schiera di scrittori, alcuni di talento come suo padre. Ma egli era anche un eccezionale pioniere dell'alpinismo, sua sorella Vanessa era una pittrice di talento, ed uno dei fratelli uno dei primi psicoanalisti.

Virginia Woolf aveva un disturbo affettivo, e c'era una lunga storia familiare in tal senso sia dal lato materno che paterno. La relazione non chiara tra i suoi attacchi ed i periodi creativi è stata già sospettata, e diventava completamente improduttiva in termini di scrittura quando era ammalata, sebbene fosse convinta che le idee per la maggior parte dei libri, talora scritti anni dopo, le venissero durante prolungati episodi maniacali. Si potrebbe arguire che i suoi grandi anni di produttività facessero seguito ai più seri e pericolosi 'breakdowns' dal 1912 al 1915.

La qualità mistica di certi suoi scritti ed alcuni dei suoi sintomi meno tipici hanno a volte portato al sospetto che fosse affetta da schizofrenia. La schizofrenia è tipicamente una malattia cronica, che intacca il pensiero, l'originalità e l'iniziativa. Il fatto che sia così rara in autori che esercitano la loro professione, conferma la diagnosi di distrurbo affettivo in Virginia Woolf.

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